“Qui ad Atene noi facciamo così”
( …) La libert? di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l?uno dell?altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. (…)
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. (…)
Noi crediamo che la felicit? sia il frutto della libert?, ma la libert? sia solo il frutto del valore. (…)
Ci ? stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci ? stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci ? stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell?universale sentimento di ci? che ? giusto e di ci? che ? buon senso. (…)
Insomma, io proclamo che Atene ? la scuola dell?Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in s? una felice versatilit?, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed ? per questo che la nostra citt? ? aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. “
Pericle, Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.
All’inizio di aprile, sono andata a Reggio Emilia a sentire il Fidelio di Ludwig van Beethoven, diretto da Claudio Abbado. Per chi, il Fidelio, non sa cos’?, consiglio Google e Wikipedia. ? stata un’esperienza di quelle di cui uno pu? dire con tutto l’orgoglio – io c’ero. Un inno alla libert? e alla giustizia, scritto da un compositore che credeva tanto nella libert? e nella giustizia, per cui Napoleone era un eroe al quale dedic? l’Eroica, ma che poi lo deluse e con i suoi comportamenti poco giusti lo infuri? cos? tanto che, cercando di cancellare la dedica dalla partitura, strapp? la carta. Un inno diretto da un direttore d’orchestra che apr? la Scala ai giovani, agli operai, ai pensionati, che dirigeva nelle fabbriche, che si oppose ferocemente alla guerra di Vietnam e all’invasione sovietica dell’Ungheria, fu indagato, perseguitato, spiato, che mise insieme giovani dai paesi occidentali e quelli dai paesi oltre la terribile cortina di ferro, che non si accontenta delle frontiere dell’UE e guarda sempre oltre, che non ha paura di dire che a Cuba ci sono degli esseri umani e che ci sono anche tante cose buone, che impara sempre e guarda sempre avanti, con tanta fiducia nei giovani che sono il futuro del mondo. Uno che la musica la scrisse quasi due secoli fa e l’altro, che gli fa da tramite oggi. Uno che non poteva sopportare la tirannia due secoli fa, e l’altro, a cui essa fa terrore oggi. Il genio di due secoli fa e il genio di oggi, perch? entrambi lo sono, mi hanno fatto riflettere, molto. E mai dimenticher? l’incredibile profondit? della scena in cui i prigionieri, per tantissimo tempo privi della possibilit? di vedere la luce del giorno, strisciavano dalle loro celle verso il sole e il profumo della primavera, come delle ombre che si muovono, e il suono dell’orchestra, nelle mani magiche, dava una dimensione eterea e surreale all’immagine, mandando fortissime suggestioni a tutti coloro che avevano il cervello e il cuore per capire il messaggio.
S?, io c’ero.
E s?, ho capito.
E avrei voluto tanto che potessero capire anche tanti altri. Quelli che non ascoltano.
Quelli che non sentono, che non vogliono sentire, quelli che non vogliono capire che il sole non appartiene a nessuno e non si pu? darne un po’ agli uni e un po’ meno agli altri. Che tutti nascono uguali, che rimangono uguali per la legge della Natura o di Dio, come volete. Che il sangue ? di colore rosso, per tutti. Che non abbiamo diritto di togliere a qualcuno qualcosa che non gli/le abbiamo dato. Che l’aria che respiriamo ? sempre la stessa e se non c’?, moriamo uguale, tutti, cristiani, ebrei, musulmani, buddisti, atei, ricchi, poveri, famosi, sconosciuti, tutti quanti.
Mi ricorder? sempre quell’ottobre del 1995, a Banja Luka. Citt? in caos, piena di rifugiati, mia famiglia compresa, non c’era corrente, a volte neanche l’acqua, gente correva, si muoveva, pur non sapendo in quale direzione. Iscritta al primo anno del liceo, dopo aver frequentato per sole due settimane quello nella mia citt?, dovetti iscrivermi a quello di Banja Luka, famoso per la sua qualit? nella ex-Yu. Gi? il fatto che non avevamo pi? casa nostra era difficile, per non parlare del resto. E cos?, in quell’ottobre, verso la met? del mese, ci fu un compito da fare in classe di lingua serba (serbo-croata o come volete, ? sempre la stessa cosa). Dovemmo scrivere un saggio sul tema indicato. Siccome nelle classi di lingua madre si studia anche la letteratura mondiale, il primo anno ? dedicato per la maggior parte alla letteratura antica per poi passare al Medioevo e al Rinascimento. Eravamo tantissimi in classe, troppi. Quasi non c’era posto. Tanti rifugiati… Fuori si sentivano le detonazioni dei vari tipi di missili, cielo costantemente coperto dalle nubi grigie, pioggia e – buio. I docenti attaccati alla radio a pile, un patrimonio per un sorriso. La mia cittadina, a 60 km da Banja Luka, era caduta da poco nelle mani delle forze regolari della Croazia (siamo in Bosnia, eh), non senza abbondante aiuto di un certo personaggio di nazionalit? serba ricercato dal Tribunale dell’Aja (dovrebbero lasciarlo a noi, gli faremmo vedere noi!), e di vari parenti, conoscenti, amici non sapevamo pi? nulla. In quell’atmosfera, noi in classe ci trovammo davanti la lavagna con il titolo del tema per il compito, scritto dalla Prof:
“Achille ed Ettore come i portatori dell’idea omerica sull’assurdit? della guerra”
Che ironia incredibile, vedere queste parole scritte sulla lavagna, e dolorosamente rendersi conto che, in tutti questi secoli dopo l’apice della cultura classica, l’umanit? non aveva imparato NULLA!
Chi la guerra non l’ha vissuta, non la pu? neanche immaginare. Uno pu? cercare di capire, di avere tanto rispetto per chi l’ha vissuta, pu? dire pure “so cos’? la guerra, l’hanno vissuta i miei nonni”, per? in realt? – non ne ha un’idea. ? molto meglio che non ne abbia. Ricordo il giorno, nel 1997, quando trovarono un mio cugino in una fossa comune, ucciso con una martellata in testa. Non potevo crederci, e poi mi stupivo del fatto che non riuscivo a odiare la persona che l’aveva ucciso e non riuscivo a dare colpa a un popolo intero. Forse sono anomala io, ma non ce la facevo allora e non ce la faccio neanche oggi. L’odio non far? risorgere i morti. Non so chi l’ha ucciso e non riesco a dare un volto a questa persona. Non la odio, provo pure piet? nei suoi confronti perch? ? tristissimo il fatto che uno deve uccidere per trovare soddisfazione. ? povero e vuoto quell’essere umano che deve far male a un altro per sentirsi meglio. Come riesce a vivere una persona cos?? Dorme di notte? Cosa dice ai figli, se ne ha?
Mentre nella classe di lingua madre leggevamo Omero, in quella della storia il Prof ci parlava di Pericle e degli anni d’oro dell’Atene. Cos? nei giorni in cui sembrava che il nostro mondo reale stava per sprofondarsi in un abisso, vivevamo con i nostri professori i giorni di gloria dell’umanit?, imparavamo a memoria i grandi pensieri del mondo antico, analizzavamo il suo codice d’onore e di etica divorando i suoi principi perch? erano giusti e cos? diversi da quello che ci succedeva intorno. Per poche ore alla settimana, vivevamo in un mondo diverso. E ci aiutava, a credere che forse sarebbe venuto un tempo migliore, perch? quello peggiore sembrava gi? arrivato.
Achille ed Ettore furono protagonisti, ma non della stessa guerra. Ed ? sempre stato cos?. C’? chi attacca e la guerra la vuole, e chi si difende e la guerra la fa perch? deve. Il motivo si perde sempre, come da manuale, alla fine neanche chi attacca capisce pi? perch? l’ha fatto, anche se non lo vuole ammettere. Perch? quello che succede tra le “grandi” parole sparate da qualche palco davanti una folla di gente e il momento della fine in cui tanti di quella folla che ascoltava non ci sono pi? – lascia segni. E nessuno ? pi? la stessa persona di prima. Nessuno. Qualcosa muore dentro. Per sempre.
La strada pi? difficile ? sempre quella di rimanere un essere umano con la coscienza a posto. Tenere gli occhi aperti a tutto, non solo a ci? che ? dei colori della tua bandiera, quale che sia, questo ? una vera sfida. Non tanto davanti a s? stesso, quanto davanti alla maggior parte degli altri che una cosa del genere non la perdonano. Perch?, se dici qualcosa che non va con l’immagine idealistica di una parte in un conflitto, allora non sei pi? con loro. Sei o pro o contro, via di mezzo ? via di autodistruzione. Eppure, solo la via di mezzo mette la coscienza a posto. E uno sa che, spegnendo la luce prima di andare a dormire, non avr? di che vergognarsi. Saper dire – s?, abbiamo sbagliato e chiediamo scusa, ? vero che non tutta la colpa viene dagli altri, qui ci hanno fatto del male per? non possiamo ricambiare il male perch? facendo cos? ci metteremmo al livello di chi il male l’ha fatto a noi, il circolo vizioso deve essere interrotto. Qualcuno deve dire basta. E chi lo far?? Chi osa farlo per primo? Con la politica “che facciano prima loro” o “anche se noi lo facciamo, loro non lo faranno di sicuro” non si arriva da nessuna parte. Chiunque lo faccia, sapr? di averlo fatto. E la sua coscienza sar? a posto. Perch? non pensare cos?? Chi lo fa, sar? di sicuro chiamato traditore, da una buona parte dei suoi connazionali. Per?, non ? che proprio questi traditori facciano muovere le cose? Ci dobbiamo muovere tutti. Capire e far capire che il mondo non ? come ce lo presentano, bianco e nero, senza sfumature. Andiamo a tradire i pregiudizi, le immagini artificiali, verit? fabbricate e tagliate al piacere di chi vuole sfruttarci tutti, andiamo a tradire le ipotesi basate su fatti inesistenti, giriamoci e vediamo che il nostro vicino non ? un mostro solo perch? il suo nome ? diverso dal nostro. E magari gli serve aiuto. Chi tradisce in questo modo, dorme il sonno dei giusti.
Qui tra i Burekeaters noi facciamo cos?.
NB La definizione di traditore ? Ciccio
Bellissimo post Milijana, ma io vivo tra gente razzista che si vanta del loro razzismo.
Per loro il diverso è diverso. Punto.
Integrazione ? Aiuti ? Condivisione ?
Non ne vogliono sentire parlare. Razzismo, pestaggi,agressioni,violenza,vendetta.
Sono le uniche parole che interessano.
Se non fosse per qualche respiro fatto in ambienti poveri, in cui si condivide l’unico piatto di minestra, mi sembrerebbe di soffocare.
Grazie Miljance, quello che scrivi è molto vero. Diciamo un paio di cosette. Prima di tutto, volevo testimoniare la bellezza del tuo sorriso, anche se non ci siamo mai visti di persona. Burekeaters è un posto strano dove gente che magari non ha avuto la vita proprio facilissima, dimostra di non aver perso la voglia e i motivi per sorridere e per andare fieri della propria cultura e del contributo che dai Balcani è venuto e viene preziosissimo per l’Europa tutta. Volevo aggiugere una cosetta, sull’inutilità di cercare la verità a tutti i costi che in genere caratterizza tutti i dopoguerra. Io vorrei dire che la verità in guerra non esiste, è la prima vittima della guerra. Ma cosa è la verità? Io la vedo molto “laicamente”, per me è una versione “concordata” socialmente del proprio stare al mondo, è una costruzione nella vita quotidiana ed è una costruzione durante le guerre. In guerra succede che diventà obiettivo militare dato che uno dei modi di dividere le persone è proprio distruggere questo “senso concordato”, senso comune. In guerra, la verità smette di essere senso comune e diviene un’arma da usare contro il nemico, diventa un’ossimoro, una “verità” di parte. Per questo, per guarire le ferite, la prima cosa da fare è rompere queste verità di parte per ricostruire un senso che sia davvero comune che è un po’ il mestiere dei traditori come tu stessa scrivevi. Per far ciò non è importante partire per forza dalle fratture, si può partire da dove si vuole. Si può partire come tu stessa suggerivi dal riconoscimento dell’umanità di tutte le parti in causa, si può lavorando per far emergere ciò che si vuole ignorare per esempio la comune identità balcanica di tutti i paesi che hanno fatto la guerra negli anni ’90.
Alex Langer diceva che c’è bisogno di traditori ma non di “transfughi”. Di gente che si faccia ponte senza immedesimarsi a tal punto nell’altro da diventare l’altro. Magdì Allam non è il nostro esempio, il nostro esempio potrebbe essere Jovan Divjak, (che non a caso in certi ambienti non è tanto popolare). Hai ragione a dire che assumere questo ruolo è una cosa molto dolorosa, perché non stare da nessuna delle due parti pur volendo avere un ruolo, porta al “rifiuto” da ogni gruppo. Porta a non avere una casa cui potere tornare senza rimproveri. La maggior parte dei traditori, non a caso, nelle storie e nella vita vera, finisce male. Però, è l’unica strada per dormire sereni. È l’unica strada per rompere la logica dei gruppi e fare la pace per davvero. Grazie di vero cuore, anche solo di esistere.
Una cosa volevo dire a te Gorane, so che hai seguito la discussione su Rosalio. Beh non pensarci su troppo, è vero ci sono stati dei commenti razzisti ma anche moltissimi di reale apertura. E poi ci sono io e tanti altri che non arretreremo di un millimetro contro questi tentativi di “fascistizzazione”. Tu, però, mi raccomando, guarda il bicchiere mezzo pieno 🙂
Grazie. In effetti non bisogna perdere la voglia di sorridere.
Ma che ci fa tra l’elenco dei vostri blog preferiti quello di Enrico Ruggeri?? Grande autore, ok – ma pure ospite di Radio Padania e che a Radio PAdania, invitato dall’amico -deputato leghista- MAtteo Salvini (che ora è solito mandare in onda quella registrazione come spot del suo programma) ha dichiarato che a Roma non si guarda di buon occhio chi ha accento milanese…
Eh però Ruggeri ha raccontato e suonato molto i balcani, Dani. 🙂 I nostri link sono tutti riferimenti utili a chi vuole farsi un’idea dei balcani!
Vabbene.
Djokovic è primo a Roma !!!