Reminiscenze & Ricette

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Era il 1978, ricordo ancora il profumo del mare e l’aria salata che pizzicava piacevolmente le narici…

L’asilo si trovava ad un centinaio di metri dalla costa, in via Sicilia, non distante dalla casa della mia nonna paterna. La mia carriera letteraria – scriveranno i biografi – (i biografi??? ma chi ti credi di essere, Bub-see Johns???), cominciò allora.

Un concorso radiofonico dedicato ai più piccoli, ed eccomi a sciorinare nell’aere i versi de “L’autunno” del grande Federico (mica la “cavallina storna” eh?). La mia performance fu premiata con un ricca fornitura di jogurt e biscotti e riportata negli annali del foglio locale “L’aretuseo”.

Quel giorno mia nonna preparò la “pita” in mio onore. Il solo ricordo del suo fragrante profumo scatena, ancor oggi, un titillare inconsulto di papille gustative, un tripudio sinestetico la cui memoria avrei serbato negli anni a venire…

Non è vero un cazzo!!! Figuriamoci se mia nonna, sicula verace con quinta elementare, sapeva che cosa fosse la “pita” né tantomeno dove fossero i Balcani, a parte, per sentito dire, l’Albania, dove il nonno era stato per la gloriosa campagna.

Scusatemi, prousteggiavo. Il fatto è che la mia scrittura tende inevitabilmente alla s c o n n e s s i o n e .

Sbattete 3 uova, unite un bicchiere di jogurt (200 ml), un cucchiaio di farina, una bustina di lievito per dolci (non vanigliato), mezzo bicchiere di olio di semi e con la mistura umettate 4 “suve kore” (“sfoglie asciutte per pita e baklava”). Sull’ultima sfoglia spargete in copia mrvljeni sir (“formaggio in briciole”, una sorta di primo sale un po’ più asciutto dell’abominevole jocca) o feta, arrotolate, pennellate con la mistura, cospargete con sesamo e via, nel forno ben caldo finchè non dora. Servire con jogurt o kiselo mleko. Va bene per colazione o fra gli antipasti di un pranzo di festa.

Federico invece scriveva:

L’AUTUNNO

L’autunno ha lasciato senza foglie
I pioppi del fiume.
L’acqua ha addormentato d’argento vecchio
La polvere della strada.
I vermi si calano sonnolenti
Nei loro freddi casolari.
L’aquila si perde per la montagna.
Si sentono le ninne-nanne sulle culle
E il pianto del gregge nella stalla.
L’umida tristezza dell’orizzonte
Mostra le rughe del paesaggio.

Continuerei volentieri con le rimembranze, ma devo andare in terapia (disintossicarmi? No, grazie, sto bene così. Psicanalista? L’ordine ha definito il mio caso incurabile, sia qui che in Italia). No, solo spondilosi cervicale. Per non parlare di calcoli renali, colecistite, tonsillite, bronchite cronica etc., malanni dovuti, pare, ad un eccesso di pita nell’alimentazione…