L’imperfezione e la politica
Nell’ultimo periodo mi sono imbattuto nello studio di un libro di un navigatore: un navigatore del senso, un semiotico di frontiera che proprio dal mare aperto della sua posizione aperta e precaria di studioso, usava scrivere ai suoi colleghi “semiologi della terra ferma”. Jean-Marie Floch.
Ad un certo punto in appendice ritrovo una vecchia intervista a cura di Gianfranco Marrone in cui viene sfiorata anche la questione dei Balcani, attraverso la rappresentazione datane dalla pubblicit� di Oliviero Toscani per conto di Benetton.
Eccone uno stralcio:
G.M.: Mi sembra che da un po’ di tempo Benetton insista stancamente su valori profondi come vita e morte…
J.M.F.: Si, penso che si tratti della trasformazione a cui ho fatto cenno. Per parlare in termini un po’ pi� tecnici, mi sembra che la comunicazione di Benetton sia stata impostata sulla categoria semantica che oppone unit� e molteplicit�. In un primo momento la tendenza � stata quella di valorizzare la molteplicit�: da cui, sul piano del significante, il policromatismo e, sul piano del significato, tematiche come il cosmopolitismo, la tolleranza e simili. A poco a poco, per� questo discorso s’� trasformato: da una valorizzazione della molteplicit� si � passati a una valorizzazione dell’unit�, dell’unit� umana propriamente detta. Da qui la possibilit� di parlare della vita e della morte, che sono, come sappiamo, i valori profondi soggiacenti agli universi semantici di ogni individuo. Cancellando quella molteplicit� che dominava precedentemente, il discorso Benetton parla di bita e di morte, diventando cos� un discorso universalizzante, un discorso che tende a eiliminare le differenze tra le genti. Se il messaggio iniziarle era ‘viva la molteplicit�’, adesso, non fa che ripetere ‘viva l’unit�’, ossia il contrario.
G.M.: Da qui una sorta di saturazione dei messaggi possibili: Benetton ripete le tautologie ‘la vita � la vita’, ‘la morte � la morte’, e ci mostra di continuo malati di Aids o morti in guerra…
J.M.F.: Infatti, a Oliviero Toscani non resta altro che creare campagne che scandalizzano sempre di pi� senza per� cambiare nulla dell’articolazione significatica degli annunci: la campgna successiva sar� sempre pi� forte della precedente, sempre pi� aggressiva, anche se rimarr� identica dal punto di vista della significazione. Cos� mi ha lasciato molto perplesso, per esempio, l’immagine coi i pantaloni e la t-shirt insanguinati del soltato jugoslavo: che cosa ci cominicano se non , acnora una volta, che la vita si oppone alla morte? Devo dire comunque che quel che mi colpisce molto nel lavoro di Toscani � che, sebbene usi sempre lo stesso messaggio, sa far ricorso in modo esemplare all’iconografia cristiana. Nella nave con gli albanesi c’� l’Arca di No�, altrove ci sono figure di madri che sempbrano la Vergine, c’� la piet� nel malato di Aids agonizzante: � un uso di immagini cristiane che come dicevo prima, vengono trasferite dal campo dove sono state orginate, e poi dimenticate, a quello della pubblicit�, acquisendo sensi e valori del tutto nuovi.
C’� una ricchezza in queste riflessioni che per� secondo me non esaurisce la questione, non rende conto della forza di certi annunci, non spiega, forse, a sufficienza la potenza che ancora oggi conservano a pi� di dodici anni dalla loro pubblicazione.
Quello che per me � molto strano ed interessante �, infatti, il paradosso che un annuncio pubblicitario, segno del presente, effimero per definizione, possa ancora agire dopo cos� tanto tempo.
Io penso che intorno a questi annunci ci sia anche una questione di esperienza estetica per una volta genuina e sperimentata collettivamente a partire da una sorta di decontestualizzazione significativa.
Provo a spiegarmi meglio. Prima di tutto, diciamo che Benetton attraverso le immagini delle sue campagne non diceva nulla di nuovo: negli anni novanta eravamo abituati a vedere tutti i giorni su tutti i tg le immagini della terribile guerra in Bosnia e le navi piene di albanesi in cerca dell’America in Italia. Diciamo che proprio questa quotidianeit� ci aveva assuefatti: affrontavamo le nostre cene e i nostri pranzi mentre i telegiornali ci rendevano puntualmente conto degli scempi della guerra dietro l’angolo cui solo pochi attivisti ex Lotta Continua sembravano occuparsi.
L’operazione di Oliviero Toscani �, cos�, per un verso, sintattica: rompere un ritmo, risvegliare dal torpore, proporre una posizione politica (cosa coraggiosa e molto anni ’90 per un’azienda) attraverso un’estetica, un modo particolare di costruire il proprio discorso. Questo modo particolare � la decontestualizzazione di cui dicevo prima. Oliviero Toscani (e si capiva che questo giocare con il fuoco prima o poi l’avrebbe bruciato!) non faceva altro che prendere una foto di guerra, un’immagine da telegiornale, e cambiarne il contesto di fruizione.
Il cambio di contesto faceva, cos�, emergere l’imperfezione, un corto circuito in grado di scuotere, di rinnovare e rifondare il rapporto con il soggetto (o meglio con l’oggetto appena trasformato in soggetto) proposto dalla campagna.
Tanto bastava a costruire lo scandalo, che, ovviamente, sarebbe suonato come lo scandalo origianario della morte e della guerra ma anche quello della malattia e della sofferenza.
Rivedere le immagini notissime della guerra nei balcani e dell’immigrazione albanese fuori di contesto era come vederle per la prima volta, era scandalizzare e prendere una posizione politica, prendere la responsabilit� di questa nuova valorizzazione.
Accanto a questo meccanismo sintattico di pertinentizzazione, se ne aggiungeva un altro, pi� propriamente semantico, ben descritto da Floch nell’intervista, universalizzante anch’esso. Il meccanismo costruiva l’immagine facendo appello alle radice della nostra umanit�: la metafora visiva, la citazione discreta delle scritture e del problema mistico della sofferenza non faceva altro che collegare, costruire un filo in grado di agganciare il discorso politico ai problemi universali e fondativi della nostra umanit� riproblematizzata. Cos� facendo costruendo una valorizzazione forte dell’annuncio e fondandone una leggibilit�.
Ecco, forse proprio questo filo, sottile, � quello che ci fa ancora sobbalzare sulla sedia di fronte agli annunci pubblicitari di Oliviero Toscani.
[…] l’immagine pi� famosa, non solo per la celebre foto di Oliviero Toscani, � quella della nave carica all’inverosimile di uomini arrampicati fin sui pennoni pi� […]