Che siamo appassionati di design, questo già lo sapete. Beh conoscere, grazie a Internazionale, un’azienda come Futurefarmers, in un certo senso ci rassicura.

Noi che siamo cresciuti a pane e Douglas Coupland (personalmente, ho acquistato la prima edizione di Generation X, quella gigante e gialla di Interno Giallo, ché il libraio non sapeva nemmeno dell’esistenza della casa editrice!), negli anni ’90 abbiamo guardato al libero mercato come strumento di emancipazione, ingenuamente, come se fosse facile disperdersi e portare avanti il proprio own business contro i soliti metodi, come se fosse facile (oggi forse sarebbe meglio dire possibile) fare come i personaggi di Microservi che stanchi del modello Microsoft, rischiando il proprio, con la loro piccolissima software house, avrebbero provato la loro via. O ancora come i personaggi di Sbancare Wall Street (titolo orribile ma libro stupendo) che, conoscendo il loro sistema vincente non avevano paura di servirsene. Anche Boite vorrebbe/avrebbe voluto esistere in questo modo (ma si avvicina il momento dei bilanci).

Dicevo, Futurefarmes di San Francisco, della città-orizzonte Frisco, è una x-firm, anzi una x-farm dato che la fondatrice Amy Franceschini non perde occasione per dichiarare che, oltre al loro lavoro soft un giorno la compreranno la loro fattoria, il loro campo dove coltivare frutta e verdura.

Ecco a quanto pare, quelli di Futurefarmers fanno soldi prendendo posizioni politiche e rispondendone come nel caso del videogioco chiamato Kosovo Elf, semplice (forse addirittura semplicistico) ma efficace, nel mostrare quanto un elfo, ci sarebbe dovuto essere per difendere i civili dai bombardamenti della Nato nel Balcani.

È il loro modo ma anche una specie di (ultima!) speranza per una generazione, di fare a modo proprio e di riuscire ad arrivare a fine mese senza per forza doversi umiliare, senza per forza doversi ridimensionare.

Magari a San Francisco queste cose capitano davvero (o magari è solo l’ennesima operazione di marketing).