Il treno più lento dei balcani
Burekeaters legge questa splendida descrizione di viaggio sul “treno più lento dei balcani”: gli piace così tanto che decide di tradurla e condividerla con i lettori italiani.
Buona lettura e buon viaggio.
[Grazie Halfway down the Danube, di cuore]
Da Belgrado a Timisoara
La settimana scorsa ho preso il treno da Belgrado a Timisoara.
Belgrado è una città con più di un milione di abitanti; è stata la capitale della ex Yugoslavia ed è tuttora la capitale della Serbia-Monenegro. Timisoara è la più grande città della Romania occidentale, con mezzo milione di abitanti.
Timisoara è la più vicina grande città a Belgrado e vice versa. Le due città distano 175 kilometri … o 110 miglia… per gli Americani.
La corsa dura cinque ore e quindici minuti.
Non è perché è un treno locale: fa giusto due fermate (Pancevo e Vrsac, a essere precisi).
Non è per via del terreno. Piatto come una frittella, tutto il tragitto. E’ il Banat, una sorta di Iowa dei Balkani.
Non è per via del confine. L’attraversamento del confine dura un’ora, forse un’ora e mezza. Seccante ma, oltrepassatolo, rimangono ancora 4 ore per coprire 170 km. Si potrebbe farli in biciletta nello stesso tempo.
Allora perché?
Parte della spiegazione sembra essere che il sistema ferroviario serbo lascia a desiderare. E’ stato messo a soqquadro dalla dissoluzione della Yugoslavia, e quindi fortemente danneggiato dai bombardamenti Nato. Apparentemente ci sono esattamente due (2) locomotive disponibili sulla linea Belgrado – Vrsac. Una per i passeggeri, l’altra per le merci.
Okay; ma non può essere tutta la storia. Il bombardamento Nato è stato cinque anni e mezzo fa, e la maggior parte dei danneggiamenti sono stati riparati. Le locomotive non costano poi così tanto.
In realtà, non so la risposta. Ma il viaggio è comunque interessante.
L’uscita da Belgrado è la parte bella. Il treno esce a marcia indietro dalla stazione, attende qualche minuto perché gli scambi possano essere rilasciati, quindi sbuffa lentamente fuori dagli scali e lungo il fiume Sava. Si passa sotto tutti i ponti. Passati i moli del Sava e i ristoranti galleggianti. Verso la confluenza con il Danubio, sotto l’ombra della collina di Kalamegdan e le antiche fortezza turche. Si parte a pomeriggio avanzato ed il sole, quindi, al tramonto dall’altro lato del fiume. Finalmente si va lentamente sul grande ponte ferroviario a nord della città. Apri il finestrino e puoi guardare, 20 metri sotto, l’acqua marrone del Danubio. E’ bello.
Dopo, sebbene… si va per le lunghe. Si striscia su Pancevo. Fermi per nessuna apparente ragione. Qualche altro kilometro. Di nuovo fermi. Si striscia fino alla stazione. Fermi; in attesa per venti minuti o forse più, mentre forse una dozzina di passeggeri sale e scende dal treno. Fino a questo momento è passata più di un’ora. Il buio sta calando, ma si possono ancora vedere le luci di Belgrado solo qualche miglio a Sud.
Infine, si lascia Pancevo e si procede, molto lentamente, fino a Vrsac. Saranno centro kilometri? Un’altra ora e mezza.
Vrshac è davvero una bella cittadina. (Si pronuncia “Var-shots”, en passant. Trillando la “r” solo un po’). Completamente negletta; nessuno sembra voler andarci. Ma ha uno di quei centri storici austroungarici con una graziosa grande piazza circondata da chiese e gradevoli architetture. C’è anche un’isola pedonale, con qualche modesto negozio. Un monumento commemorativo della guerra originariamente dedicato agli ungheresi morti durante la prima guerra mondiale, ma che ora ha un grande cartello bianco sulla base.
Vrsac si stende su una montagna sull’estremo angolo sud ovest dei Carpazi, dove un contrafforte sporge dalla massa delle montagne per spuntare qualche miglio nel Banat. Davvero sublime, ed immagino quanto fantastica possa essere la vista dalla cima. Basta affacciarsi dal treno per vedere qualcosa: un’unica montagna solitaria che si alza maestosamente dalla pianura, con la città arricciata sulle sue pendici.
Ma Vrsac non si può visitare viaggiando in treno. Oh, si potrebbe, ma non sarebbe una buona idea. Per un motivo, ci sono soltanto due treni passegeri al giorno, quello su cui ero io, e un’altro che ritorna alle 6 di mattina circa.
Per un’altro motivo, la stazione dei treni è inesplicabilmente situata, non al centro della città, ma a quasi due miglia fuori. Lungo una strada deserta segnata da fabbirche chiuse e non illuminata benissimo la notta. Immagina.
Quindi il treno rimane fermo a Vrsac per un’altra ora e mezzo circa. E quindi riparte verso Nord attraverso il Banat. E, a dire il vero, inizia persono a prendere velecità. 40 mglia all’ora! 45! Rombando nella notte, l’oscurita si lamenta scorrendo il passato fuori dalla finestra…
… Si arriva, quindi, al confine, si aspetta seduti per un’altra ora e mezza o più mentre controllano i documenti.
Il treno parte da Belgrado alle 3,45 nel pomeriggio. Quando, infine, si arriva a Timisoara — ancora, a sole 100 miglia — sono le dieci di sera: cinque ore e quindici minuti di viaggio, più un’ora di fuso orario.
Ah, beh. Un giorno allestiranno un servizio appropriato, e il viaggio durerà solo due ore. Ma fino a quel momento, vale la pena di farlo. Basta portare con sé un buon libro o un buon amico, e qualche buon sandwiches!
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